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26/04/2009

Legge morale naturale, relativismo etico e retta ragione di Dio

Riporto qui ora un post già pubblicato, poche settimane or sono, su myspace... esso riguarda un, per me interessantissimo, discorso di Joseph Ratzinger pronunziato nanti i Membri della Commissione Teologica Internazionale il 5 ottobre 2007 - fonte: "Corrispondenza Romana" - CR n.1012 del 13/10/2007.

La legge naturale è quella «norma scritta dal Creatore nel cuore dell’uomo che gli permette di distinguere il bene dal male>.
Oggi, in parte a causa di «fattori di ordine culturale e ideologico, la società civile e secolare si trova in una situazione di smarrimento e di confusione: si è perduta l’evidenza originaria dei fondamenti dell’essere umano e del suo agire etico e la dottrina della legge morale naturale si scontra con altre concezioni che ne sono la diretta negazione».

«Tutto ciò ha enormi e gravi conseguenze nell’ordine civile e sociale».. «Presso non pochi pensatori sembra oggi dominare una concezione positivista del diritto. Secondo costoro, l’umanità, o la società, o di fatto la maggioranza dei cittadini, diventa la fonte ultima della legge civile».

«Il problema che si pone non è quindi la ricerca del bene, ma quella del potere, o piuttosto dell’equilibrio dei poteri.
Alla radice di questa tendenza vi è il relativismo etico, in cui alcuni vedono addirittura una delle condizioni principali della democrazia, perché il relativismo garantirebbe la tolleranza e il rispetto reciproco delle persone. Ma se fosse così, la maggioranza di un momento diventerebbe l’ultima fonte del diritto. La storia dimostra con grande chiarezza che le maggioranze possono sbagliare».

«La vera razionalità non è garantita dal consenso di un gran numero, ma solo dalla trasparenza della ragione umana alla Ragione creatrice e dall’ascolto comune di questa Fonte della nostra razionalità».
«Quando sono in gioco le esigenze fondamentali della dignità della persona umana, della sua vita, dell’istituzione familiare, dell’equità dell’ordinamento sociale, cioè i diritti fondamentali dell’uomo, nessuna legge fatta dagli uomini può sovvertire la norma scritta dal Creatore nel cuore dell’uomo, senza che la società stessa venga drammaticamente colpita in ciò che costituisce la sua base irrinunciabile».
La legge naturale diventa così «la vera garanzia offerta ad ognuno per vivere libero e rispettato nella sua dignità, e difeso da ogni manipolazione ideologica e da ogni arbitrio e sopruso del più forte».
«Nessuno può sottrarsi a questo richiamo. Se per un tragico oscuramento della coscienza collettiva, lo scetticismo e il relativismo etico giungessero a cancellare i principi fondamentali della legge morale naturale, lo stesso ordinamento democratico sarebbe ferito radicalmente nelle sue fondamenta».

«Contro questo oscuramento, che è crisi della civiltà umana, prima ancora che cristiana, occorre mobilitare tutte le coscienze degli uomini di buona volontà, laici o anche appartenenti a religioni diverse dal Cristianesimo, perché insieme e in modo fattivo si impegnino a creare, nella cultura e nella società civile e politica, le condizioni necessarie per una piena consapevolezza del valore inalienabile della legge naturale».
«Dal rispetto di essa infatti dipende l’avanzamento dei singoli e della società sulla strada dell’autentico progresso in conformità con la retta ragione, che è partecipazione alla Ragione eterna di Dio».

17/05/2007

Samuel Clarke

medium_Clarke_samuel.jpgVoglio proporre oggi, nell’anniversario della sua morte (17-5-1729), la figura del filosofo inglese Samuel Clarke.
La scoperta di questo personaggio rappresenta una coincidenza non trascurabile nell'ambito della tematica dei rapporti fra ragione e divinità, da me già trattata e dibattuta anche con l’amico Paolo-b-r che l’ha posta recentemente al centro di un suo post.
Pur non approfondendo l’argomento, per la mia nota preferenza per una “superficialità” che lasci spazio all’intuizione e alle iniziative di ricerca personali… vorrei dire che, premesso che il deismo rappresenta una corrente filosofica che sostiene che “l’uso corretto della ragione consenta all’uomo di elaborare una religione naturale o razionale capace di prescindere completamente da ogni rivelazione positiva, e quindi basata su alcuni principi elementari, primo fra tutti quello dell’esistenza della divinità, che i deisti ritengono indispensabile affermare per spiegare l’esistenza dell’ordine e della regolarità dell’universo” (fonte Wikipedia), Clarke costituisce un elemento di collegamento, di composizione, fra le religioni come il Cristianesimo che si fondano precipuamente sulla rivelazione e il pensiero deistico.
La ragione non più vista come antagonista della fede, ma come preambulum fidei, come mezzo, come premessa, per giungere alla fede, a Dio.