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25/07/2006

Fantasmi del passato (e del presente)

Durante l’ultimo conflitto mondiale, da parte delle forze armate naziste, venne fatto largo ricorso a due categorie di crimini, non codificati in alcun contesto internazionale, che provocarono centinaia di migliaia di vittime, immolate sull’altare della ferocia e della brutalità dell’occupatore.

Una di queste categorie attraverso la quale le forze di occupazione naziste pensavano di domare la sete di libertà e di indipendenza delle popolazioni dei territori da loro invasi era la cosiddetta “responsabilità oggettiva”... (omissis)
La responsabilità oggettiva consisteva nel ritenere responsabili di tutti gli scontri, uccisioni di soldati tedeschi o loro collaboratori, di azioni partigiane o attentati di vario genere, le popolazioni che vivevano in prossimità del luogo dove l’evento si era verificato.

Era chiaro che questa categoria, non solo teorizzata ed applicata dalle forze naziste di occupazione, ma diffusa spesso con manifesti alle popolazioni, tendeva ad incutere il terrore ed aveva lo scopo principale di recidere i legami tra le popolazioni ed i movimenti della resistenza.

Un’altra categoria di cui si è parlato molto ..... è quella della rappresaglia. Da più parti si è addirittura teorizzato il diritto di rappresaglia come se da qualche convenzione internazionale la rappresaglia fosse codificata e consentisse ad un esercito occupante di usarla attraverso l’esercizio di un presunto ed inesistente diritto.

Ricordiamo per inciso che non solo le SS, ma anche la Wehrmacht esercitò in modo indegno questo cosiddetto diritto di rappresaglia. In Jugoslava, ad esempio, il famigerato generale Boehme, durante la ritirata dei tedeschi sotto l’incalzare delle forze partigiane di Tito, aveva emesso delle ordinanze che seminarono un terrore di tali dimensioni da non essere per nulla inferiore a quello seminato dai terribili Einsatzgruppen delle SS operanti nei territori orientali. Le “misure espiatorie” (così vennero chiamate) a cui era costretta la popolazione serba in quel periodo che va dall’estate del 1941 all’autunno del 1944, prevedevano l’uccisione di 100 civili serbi per ogni caduto tedesco per mano dei partigiani e l’esecuzione di 50 civili per ogni soldato tedesco ferito. Il rapporto 1: 100 ed 1: 50 doveva essere rispettato dai comandi inferiori ed i plotoni di esecuzione dovevano esser forniti dalla Wehrmacht. In altre zone la rappresaglia si limitò al rapporto uno a dieci, in alcune si arrivò al rapporto di uno a cinquanta... (omissis)

(www.recsando.it - Alberto Berti)

07:05 Scritto in Storia | Link permanente | Commenti (5)

20/06/2005

A Mara (II e III parte)







Mi piace, Mara, quel tuo nasino un pò interrogativo ed insolente che pare voglia imporsi e farsi ammirare, pare che annusi e giudichi tutto con quell’acume e quel naso che dal naso prende nome.
La tua bocca mi piace soprattutto perché . . . Beh, non parliamone. Mi piace perché è un sorriso di primavera scapigliata e di fresca giovinezza, è un reclam del dentifricio più pregiato. Quella serie uguale e minuta di gemme d’avorio dà l’impressione della salute e della forza stritolatrice di ogni cosa. Tutto sotto il tuo morso si riduce a più miti consigli, si spezza e si rintuzza.
Le tue labbra di fiamma mi fanno ricordare un fiore od un frutto, un papavero od una fragola, mi riportano alla bella stagione anche se fa freddo e c’è la neve. Mi piaci quando tu l’atteggi ad un’espressione che vuol essere d’astuzia o d’intesa, di ironia o di incredulità, mi piaci anche quando la inarchi per fare una smorfia di disgusto o di disapprovazione.
La tua pelle morbida e rosata, d’un colorito caldo e intonato mi riporta a quando eri bambina ed avevi quella corta camiciola bianca immortalata nella fotografia.
Mara mi piace il tuo modo di incedere un pò flessuoso e pieghevole, disinvolto, quel tuo scansare i passanti perché non ti tocchino e non ti sciupino. Tu passi in mezzo a loro e sembri volare; forse ti sfiorano ma tu riesci a rimanere immune dalla bruttura loro e del mondo, incontaminata. E passi come una visione fugace destinata a dare un pò di luce e poi subito a scomparire.
Mara mi piaci quando io ti chiedo una cosa e tu indecisa sul come rispondermi e decisa a non comprometterti esci fuori con un: “Già” sibillino che vuol dire tutto e non dice nulla, che si presta alle più varie interpretazioni.
Mi piaci quando io ti chiedo, intercalando il nostro ragionare: “Dici?” e tu di rimando sorridente, gaia, furbesca, affermi: "Dico".
Non mi piaci soltanto quando fai i bronci e muovi nervosamente le ciglia, guardi in alto, prendi un atteggiamento distratto, assente, pensieroso, preoccupato; allora non mi piaci perché ti sento lontana, alle prese con le tue ubbie ostili e scontrose e ti voglio sempre vedere serena, fiduciosa e tranquilla.
Tranne che in questo atteggiamento di regina triste ed offesa, anche se non hai la preparazione scientifica di un’altra Mara, mi piaci, Mara, mi piaci.

18:50 Scritto in Storia | Link permanente | Commenti (17)

A Mara (di Carlo Rebora - I parte)

Mara mi piaci con quella tua aria di fatalona sbarazzina in cui non si sa se prediligere la maliarda o la monella. Mi piacciono quei tuoi capelli scomposti ed arruffati che non sanno se esprimere l’eccentricità od un gusto raffinato.
A volte ti si consiglierebbe un parrucchiere se non si pensasse che guasterebbe questa tua originalità così simpatica e spigliata, un pò menefreghista. Un tentativo generoso per tenerti un pò più in ordine lo fa quella tua robusta forcina che finisce in una piccola stella di brillanti nella quale qualcuno se ne è già sfuggito; ma invano: la loro massa ha il sopravvento.
Mi piacciono i tuoi occhi di bimba birichina e terribile dove c’è un raggio di sole, una favilla di fuoco, dove si rispecchia la tua anima ardente e appassionata. Mi piaci quando li rotei scherzosamente, li innalzi supplichevoli al cielo e poi li abbassi più umili e tristi a guardare la terra. Esprimono malizia, intelligenza, brio, vivacità e un pò di spregiudicatezza incurante, scanzonata e ridanciana. Mi piaci quando abbassi lentamente le palpebre e ne lasci intravedere soltanto al di sotto delle lunghe ciglia una striscia luminosa che sembra uno spicchio di luna.
Mi diverti lo sai, quando un pò di rimmel si insinua perfido nei tuoi occhi mentre meno te lo aspetti e te li fa bruciare crudelmente. Mi piacciono allora i tuoi balzelli, le tue mossette e i tuoi attuzzi, le tue represse imprecazioni, i tuoi propositi di non dartene più; ma poi ci ricadi perché anche l’occhio vuole la sua parte di dolore.

08:26 Scritto in Storia | Link permanente | Commenti (10)