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12/08/2013

Il Nulla e il Qualcosa

 

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Mi trovo spesso a pensare, immerso nel verde della solitudine silvestre, quale sia l'origine del mondo, dell'universo, della vita, della natura, dell'uomo... concetti troppo grandi e complessi per la nostra piccola mente, per cui occorre, se si tenta di addentrarvisi, sperare in una qualche fuggevole illuminazione, in un'intuizione dell'attimo, per provare a imbastire pensieri su di essa.

Certo è difficile astrarsi dalla realtà che conosciamo, fatta di inizi, di fini, di nascite, di morti... cicli che si avviano apparentemente dal nulla e nel nulla ritornano.

Il nulla appunto.. ma può esistere il nulla, alla base del tutto? Prima dell'inizio dell'universo, o multiverso, c'era il nulla?

Apparentemente la domanda sembrerebbe sensata, ma non lo è.. e questo per un semplice motivo: che dal nulla non può nascere il qualcosa.. il nulla è vuoto di contenuti e potenzialità.. il nulla è nulla, e tale è condannato a restare.

A questo punto potremmo chiederci però perché il regno del qualcosa «ha vinto» e non impera oggi il regno del nulla.

Interrogativo interessante, per il quale vedo ora soltanto una risposta logica e netta: il nulla in realtà non può esistere, non esiste, è un concetto astratto, una congettura senza fondamento.

Constatazione questa da cui per logica discende che, se da nulla nulla nasce, neppure qualcosa di esistente può nel nulla finire.

Ma allora, se nulla nasce dal nulla e niente può finire in nulla perché il nulla non esiste, «noi» siamo sempre esistiti ed esisteremo, pur nella forma mutevole obbligata dai cicli.

E qui mi fermo... oltre non so andare. ;)

07/11/2011

Il Diritto Islamico. Parte II

Vorrei in questa seconda parte, in attesa di capire come potrò concludere in modo decoroso la mia ricerca, oltre a fare un breve cenno finale sul diritto processuale, limitarmi ad ampliare la descrizione delle quattro fonti canoniche precedentemente citate, le quali costituiscono, il Corano e la Sunna le parti primarie, e Ijima e Qiyas quelle secondarie della Sharia.

Un approfondimento delle fonti non canoniche lo riterrei invece di scarso interesse, anche perché esse hanno nel loro stesso titolo l'esplicitazione di ciò che sono.

Ma veniamo a sviluppare quanto promesso, sempre con ringraziamento ai siti dai quali ho tratto le informazioni sull'argomento, anche «rubandole» con qualche copia-incolla, o quasi:

1. Il Corano

Il Corano deriva il suo nome da Quran, che si traduce con «recitare ad alta voce» ed è diviso in 114 Sure (grossolanamente Capitoli), tutte introdotte dalla formula «in nome di Dio clemente e misericordioso».

Esso rappresenta la raccolta delle parti del «Libro Madre» conservato in Cielo che sono state via via rivelate a Maometto, il quale funge da tramite fra i Fedeli e Dio: una somma di rivelazioni che furono unite in volume soltanto dopo la morte del Profeta, seguendo criteri non necessariamente temporali, ma anche di argomento o rima.

Come fonte giuridica, il Sacro Testo offre però poco materiale: dei 6237 versetti che lo compongono, solo il dieci per cento si riferisce a temi giuridici in senso lato.

2. La Sunna

A colmare le lacune del Corano contribuiscono i casi concreti risolti da Maometto e le opinioni da lui espresse in modo autentico, intesi come apporto genuinamente fedele al Testo Coranico.

Tale insieme di precetti,  che prende il nome di Sunna (che significa Pratica, Linea di condotta) discende dal tramandamento operato da una catena ininterrotta di narratori avente come oggetto detti, atti, fatti di Maometto (hadith), il cui agire è ispirato da Dio.

Tuttavia nel mondo islamico non esiste un'opinione unitaria e concorde su quali hadith, oralmente tramandati, siano da ritenere realmente attendibili: una collezione di hadith del IX secolo ne elenca 300.000, di cui soltanto 8000 considerati autentici.

3. L'opinione concorde della Comunità dei giuristi ("ijma")

Corano e Sunna, interpretati e applicati anche con tecniche minuziose, lasciavano però ancora spazi in cui non si poteva attraverso di essi risolvere il caso, e neppure i pareri degli Ulema (i dotti musulmani esperti di «scienze religiose» ) avevano forza sufficiente per  integrare la parola di Dio.

Soccorre a questo ostacolo una tradizione della stessa Sunna la quale riferisce che, se la Comunità dei giuristi-teologi dà il suo consenso generale ad una teoria, questa non può essere errata.

Questo consenso (ijma) non è facile da definire, ma è da intendersi come l'opinione concorde dei giurisperiti più autorevoli, purché il loro numero sia ragionevolmente grande e il loro parere chiaramente formulato.

4. L'interpretazione analogica ("qiyas")

L'uso dell'analogia (procedimento logico di carattere interpretativo, attraverso il quale viene regolato un rapporto privo di specifica normativa, adattando disposizioni proprie di fattispecie similari) costituisce anch'essa una fonte di diritto: la sua applicazione però nei casi giudiziari del mondo musulmano fu oggetto di gravi controversie in quanto si riteneva empio usare la ragione umana per colmare un'apparente lacuna divina.

Tale processo interpretativo penetrò nel pensiero islamico attraverso le conquiste dei paesi di cultura irano-ellenistica e fiorì sotto la dinastia degli Abbàsidi (nel 700-800 d.C.) ed è sotto tale dinastia che il diritto islamico assunse la sua forma odierna e in essa si cristallizzò.


Diritto processuale - ordinamento giudiziario

Nel diritto islamico, diversamente da quanto previsto nelle Nazioni occidentali, dove il magistrato è soggetto alle leggi dello Stato, il giudice (il quale deve essere rigorosamente maschio e musulmano e avere una preparazione giuridico-religiosa) nello svolgimento della sua funzione fa riferimento, direttamente o indirettamente (utilizzando le fonti canoniche secondarie), ai principi della Sharia salvo, aggiungo di mio, l'applicazione delle norme non canoniche, il cui uso riterrei però residuale.

Tre, in ogni caso, sono le categorie di giudici in base alla loro materia di competenza:

- i Qadi, che applicano il Corano nei reati penali
- i Muhtasib che hanno competenza per le controversie all’interno della collettività
- i Mazalim competenti per le controversie tra cittadini e Stato.

............... (fine della seconda parte)

03/11/2011

Il Diritto Islamico. Prima parte

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Le ultime vicende libiche e, in particolare, la dichiarazione da parte dei vincitori che in quel territorio verrà applicata la Sharia  (alla lettera, "la via da seguire", ma si può anche tradurre con "Legge divina") che non è, come facile intuire, solo una fonte di diritto, ma un «complesso di norme religiose, giuridiche e sociali direttamente fondate sulla dottrina coranica, in cui convivono regole teologiche, morali, rituali e quelle che noi chiameremmo norme di diritto privato, affiancate da norme fiscali, penali, processuali e di diritto bellico» (fonte ecn.org), hanno stimolato la mia curiosità su come sia articolato il diritto islamico.

Certo sarà impossibile da parte mia offrire una rappresentazione completa e assolutamente conforme alla realtà di tale insieme: questo sia per motivi di vastità, di mancanza di uniformità di regole applicate in aree o contesti diversi, di imprecisione o sommarietà della documentazione da me presa in considerazione ai fini della redazione di questo intervento.. o anche per  mie carenze di comprensione.

Ma, volendo comunque intraprendere un viaggio in questo mondo, senza dubbio interessante, inizio col citare un articolo presente in rete sul sito «Ora di religione», ove viene fatta un'importante premessa di cui mi approprio: nel diritto islamico le categorie giuridiche sono più sfumate di quelle europee; pertanto, mentre per il nostro diritto vige la logica binaria del lecito e dell'illecito, secondo quello islamico l'atto giuridico (io direi giuridicamente rilevante) può essere obbligatorio, raccomandato, permesso, riprovato o vietato.

Al termine della mia esposizione vedrò se mi sarà possibile riportare qualche esempio su come si concretino, in pratica, questi interventi «non binari» della legge islamica nella vita dei cittadini-fedeli.

Ma veniamo adesso ad elencare brevemente le fonti del diritto di cui si parla:

Il Corano
La tradizione sacra (Sunna)
L'opinione concorde dei giuristi-teologi (Ijma)
L'interpretazione analogica (Qiyas)

e, come fonti non canoniche:

La consuetudine (Urf)
Le decisioni giudiziarie
Il decreto del Sovrano (Qanun)
Il pubblico interesse (Maslaba).

Il resto alle prossime puntate... ;-)