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26/06/2010

Diversità

Premessa: prevenendo possibili rilievi, dico subito che potrebbe sembrare che questo post contraddica miei precedenti interventi, ma non me ne curo... il pensiero non è un'entità immobile...;-))



Forse nella ricerca di un principio comune, di un filo che leghi tutti gli esseri umani o il loro destino v'è un vizio d'origine..... non esiste alcun principio comune, e neppure esiste alcuna idea, alcun comportamento, alcun credo che possa aspirare a una indiscussa prevalenza e universalità.
Quello che invece esiste è una profonda diversità fra gli esseri viventi e proprio questo della diversità è, se mai, l'unico principio condiviso.
Ma la diversità comporta dei conflitti, il conflitto anzi è inscindibilmente legato alla diversità, e per questa ragione non può essere soppresso o aprioristicamente condannato.
Peraltro, se un pericolo grave c'è nella conflittualità, esso non va cercato tanto nella quotidiana e minuta microconflittualità che si sprigiona fra un numero ristretto di soggetti per circoscritte questioni di carattere personale, quanto nello scontro che contrappone gruppi più estesi.
E sta proprio nelle aggregazioni il grande rischio, siano esse originate da motivi ideologici, etnici, territoriali, o religiosi... l'aggregazione genera la forza del gruppo... sono il numero e/o l'ossessiva credenza di essere parte di una moltitudine depositaria di un principio superiore che generano le condizioni per un conflitto di proporzioni distruttive con un gruppo che per analoghi ma contrastanti motivi si oppone.
Quindi, se nel cadere di ideologie, religioni, miti da seguire, propagare, imporre, ci ha toccato la triste disillusione che nessuna verità è prevalente e che nessun principio «universale» esiste al quale tutti aderire, lieti di aver scoperto, finalmente, l'unica e comune verità, ci deve consolare il fatto di poterci liberare da ogni sforzo di ricerca di ciò che non c'è e non ci può essere.
Siamo solo una moltitudine di diversi, una somma meramente numerica di singolarità, che si devono limitare, per non farsi troppo male, ad occuparsi delle loro piccole cose, ad essere attori obbligati di piccole beghe private.

09/06/2010

Errori

Mi duole questa volta dissociarmi dalle parole del Premier.... e lo faccio a malincuore riferendomi in particolare alle sue recenti affermazioni circa le indagini promosse contro la Commissione Grandi Rischi dalla Magistratura de L'Aquila.
Posso capire che Egli possa esprimere, anzi confermare, il proprio appoggio ai vertici della Protezione civile, ma dissento dal suo invito rivolto alla Protezione stessa a non operare più in quella città e sulla circostanza che l'appoggio manifestato sia incondizianato, a prescindere dell'emersione di reali responsabilità.
Responsabilità appunto, sulla cui assenza invece personalmente non sarei pronto a scommettere, perché una cosa è dire che i terremoti distruttivi sono imprevedibili, un'altra è dire che un tale evento, in un territorio già soggetto a frequenti e ripetuti fenomeni sismici di minore entità, sia improbabile.
Quel che io dico è che la valutazione di improbabilità (se v'è stata) costituisce lei stessa la manifestazione di una previsione... particolarmente della previsione che le possibilità che un tale evento accada realmente sia scarsa, ampiamente minoritaria rispetto all'ipotesi contraria... e ciò può indurre gli abitanti della zona ad assumere un comportamento meno prudente, meno incline a cautelarsi.
Peraltro, se la memoria non mi inganna, un ricercatore «fuori dal coro» aveva, ai tempi, lanciato ripetuti allarmi.... ma noi sappiamo come le voci ufficiali siano solerti nello smentire chi si dissocia..

;-)

01/06/2010

La conflittualità

bruto_e_braccio_di_ferro.jpg

La conflittualità è una dispersione di energie che sono dedicate al conflitto e che quindi non possono essere utilmente impiegate altrove... il conflitto è un bene improduttivo, anzi un consumatore di beni, un inceneritore di risorse.
Per questo la mia riflessione è che esiste la necessità che in tempi ragionevolmente ridotti, in caso di opposti interessi, emerga un vincitore certo e che proprio questo esito chiaro e risolutivo sia funzionale all'esigenza di un impiego razionale e produttivo, utile, delle forze intellettuali e materiali disponibili.
Mi duole giungere a questa conclusione, ma in questo mondo dove spesso il vincitore, se c'è, non lo è mai in modo netto, e il vinto, se lo è, può continuare nella sua opera di sfibramento di colui a cui si attribuisce la vittoria, il doversi dedicare a un perpetuo «teatrino del conflitto», oltre a  indebolire i contendenti, distrae da una visione razionale delle problematiche reali, locali o mondiali che siano e, conseguentemente allontana dalla loro risoluzione logica... una risoluzione che oggettivamente corrisponda alla migliore scelta possibile o per lo meno alla miglior scelta possibile attuabile da colui, singolo, gruppo o istituzione, che si trovi nel ruolo del vincitore indiscusso.

13:46 Scritto in Pensieri | Link permanente | Commenti (4)