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27/07/2011

Vasi comunicanti

 

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Provo, introducendo questo mio intervento, a trovare una spiegazione al gesto criminale del folle che ha insanguinato la terra norvegese... e riesco a immaginare che egli, in questo modo, abbia forse inteso colpire al cuore una gioventù che, per tendenza politica, rappresentava il presente e il possibile futuro di un'ideologia tollerante, contraria alla realizzazione del suo progetto, spiccatamente antistraniero, antiislamico.

Ma non c'è in realtà nulla che possa in qualche modo giustificare l'accaduto.... e fa paura vedere oggi il viso sereno e compiaciuto del colpevole, dopo aver compiuto un tanto orribile atto... il viso di chi non capisce ancora l'assoluta inutilità delle sue azioni.

Io credo che non si difendano il vecchio continente e la sua identità dall'emigrazione africana, né con le barricate, né con la pratica dell'integrazione senza limiti e riserve.

Vale, secondo me, anche nei movimenti dei popoli, il principio dei vasi comunicanti: se non è possibile interrompere il collegamento, il contenuto tenderà a disporsi all'interno di tutti i vasi... e quelli meno pieni si riempiranno e quelli più ricolmi all'opposto si svuoteranno... solo se i livelli saranno simili, gli scambi saranno assai ridotti.

E questo è il punto: è responsabilità di chi è poco numeroso (poco voluminoso) o di chi lo è troppo, se si verificano degli spostamenti?

Occorre chiedersi se non sia il mondo occidentale anzitutto a suicidare se stesso e a contraddire i suoi principi, seguendo i nuovi idoli della vanità, dell'egocentrismo, dell'individualismo, della ricerca della massima soddisfazione del singolo attraverso l'acquisizione compulsiva di beni, poteri, piaceri... elementi questi che messi insieme danno un solo risultato: lo sviamento dalle leggi naturali che presiedono alla prosecuzione della specie... un'impotenza generandi frutto di una neo-cultura che deforma la realtà umana, dove la maggior ricchezza e varietà di vita diventano un freno anzichè un incentivo alla continuazione.

Dall'altra parte, lo sappiamo, c'è chi ancora non è preda di questo sistema, di questa ingannevole e luccicante società del consumo... lì la vita segue ancora ritmi semplici e misurati, lì avere un figlio non è un onere supplementare insostenibile, un qualcosa che distrae da altri e preminenti scopi, non l'aggiunta di un «corpo estraneo» da inserire in un'esistenza da dedicare all'esaltazione di se stessi... no, non è così.

E allora.... dobbiamo pensare, proprio traendo spunto dal gesto di un folle, se l'atteggiamento giusto verso il dilemma dell'immigrazione non sia né quello del rifiuto, né quello dell'accoglienza, ma piuttosto quello che mira al cambiamento di noi stessi, di quel che siamo diventati, con un occhio rivolto a ciò che dovremmo tornare a essere.

08:13 Scritto in Pensieri | Link permanente | Commenti (30)