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13/12/2011

Viaggio nello Harz

heinrich-heine.jpg

Piacevole e leggero questo incipit del «Viaggio nello Harz» di Heinrich Heine, poeta tedesco di origine ebrea di cui oggi ricorre il 214° anniversario della nascita.

L'Harz, onde individuare esattamente la natura della destinazione agognata da Heine, è una catena montuosa della Germania settentrionale, il cui nome, sotto il profilo etimologico, significa foresta.

Come sottotitolo del brano sceglierei «Voglio andarmemene sui monti», aspirazione, parzialmente soddisfatta, che condivido con il mio omonimo tedesco, «enricamente» parlando...

Con la differenza che io, a valle, non ho lasciato giacche nere, calze di seta, distinti polsini bianchi, paroline dolci, baci, leziosità (che già non sarebbe stata male come base di partenza da cui elevarsi) quanto soprattutto problemi di parcheggio, rumori condominiali, ronzii di motori elettrici... ma non badiamo a dettagli così insignificanti.. :-))

VIAGGIO NELLO HARZ

Giacche nere, calze di seta,
distinti polsini bianchi
paroline dolci, baci, leziosità!
Ah, se avessero un po' di cuore!
Un po' di cuore in petto, e amore,
un po' di vero amore in cuore!
Oh! le litanie delle loro false
pene d'amore mi tolgono la vita.

Voglio andarmene sui monti
dove stanno le capanne quiete,
dove il cuore si dilata libero
e l'aria soffia libera.

Voglio andarmene sui monti
dove sono gli abeti alti e scuri,
dove i ruscelli mormorano, gli uccelli cantano,
e le nuvole galoppano orgogliose.

Addio, saloni lucidi,
lucidi gentiluomini, signore levigate,
voglio andarmene sui monti
e da lassù ridere di voi.

16:45 Scritto in Date | Link permanente | Commenti (4)

06/12/2011

Ubi maior...

repubblica-logo.jpg

Nel momento in cui ci troviamo, la ragione e il buon senso ci portano ad auspicare fortemente il successo del Governo Monti, il quale appare (e sottolineo appare) come l'unica via percorribile per tentare di sottrarre, in modo moderatamente traumatico, il Paese dalla situazione di precarietà in cui si trova.

Da alcuni osservatori si fa notare la «non democraticità» di questo Governo, condizione che deriverebbe dal fatto che i suoi componenti non sono membri del Parlamento (a parte lo stesso Monti, «promosso» in extremis a Senatore a vita) ma tecnici espressi dalla «Società Civile» e quindi fuori dal circuito elettivo-parlamentare.

Ma, in aggiunta a questo, vorrei fare un'altra considerazione secondo me ancor più pregnante, e cioè che l'attuale Esecutivo gode anche di una «intoccabilità» e di una ineluttabilità del consenso che mai si erano visti prima: esso è così forte che lo stesso iter costituzionale in ossequio al quale un Governo si presenta in Parlamento, espone i suoi propositi, ascolta le enunciazioni dei Partiti e poi si sottopone al voto, si palesa oggi quasi come un adempimento formale, che nulla incide sulla sostanza, sulla discutibilità e la vincolatività delle sue decisioni.

La contemporanea presenza di questi fattori: l'estrazione extraparlamentare dei membri della compagine e il consenso «obbligato», sostanzialmente unanimistico, di cui il Governo si giova, evidenziano senza dubbio un quadro che si pone al di là dell'ordinarietà democratica... quella stessa ordinarietà democratica che, occorre sottolinearlo, ha portato sull'orlo del baratro, tanto da indurre all'estrema conclusione che «il miglior Esecutivo possibile», quello che può salvare, sia quello che non ha necessità né di essere eletto (inteso come composto di eletti) né di conquistare un consenso, perché questo è già nel suo «dna», è un dato da lui inscindibile.

Siamo quindi di fronte alla nascita di una forma nuova, inedita, di reggenza dello Stato, che diviene alternativa vincente alla prassi democratica finora conosciuta: una «neocrazia delegata» che viene vista come superiore, più efficiente, incisiva, seria e rispettata, se posta al confronto con quanto sperimentato prima... un fenomeno probabilmente temporaneo e contingente, ma che fa riflettere.

13:47 Scritto in Politica | Link permanente | Commenti (6)

02/12/2011

Lieve offerta

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Troppo spesso i rapporti si appesantiscono:
il peso delle idee, l'istinto mai sopito degli uomini di conquistare spazi alla propria ambizione se non alla propria insolenza, ci caricano di un fardello che non vorremmo, mentre il nostro incedere si fa più lento e gli stivali affondano nella terra molle..

Per questo, per trarne un sollievo, ho voluto cercare stamane una «poesia lieve» e la fortuna ha fatto sì che la trovassi:
si intitola «Lieve offerta» ed è di Antonia Pozzi, poetessa milanese nata il 13 febbraio 1912 e morta suicida il 3 dicembre 1938.

Domani, quindi, ricorre l'anniversario della sua scomparsa... e fa riflettere che proprio oggi io abbia scoperto una sua opera e mi ingegni con partecipazione a ricordarla:
sono queste le coincidenze nelle quali riusciamo a intravvedere il segno di un legame fra chi ancora c'è e chi è passato... dove non sappiamo.

In ciò vogliamo cogliere un inebriante messaggio di continuità e speranza, che ci commuove fino alle lacrime..

Lieve offerta

Vorrei che la mia anima ti fosse
leggera
come le estreme foglie
dei pioppi, che s’accendono di sole
in cima ai tronchi fasciati
di nebbia -

Vorrei condurti con le mie parole
per un deserto viale, segnato
d’esili ombre -
fino a una valle d’erboso silenzio,
al lago -
ove tinnisce per un fiato d’aria
il canneto
e le libellule si trastullano
con l’acqua non profonda -

Vorrei che la mia anima ti fosse
leggera,
che la mia poesia ti fosse un ponte,
sottile e saldo,
bianco -
sulle oscure voragini
della terra.

5 dicembre 1934

http://it.wikipedia.org/wiki/Antonia_Pozzi

09:08 Scritto in Citazioni | Link permanente | Commenti (5)