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04/01/2006

Pensiero debole








Gianni Vattimo, filosofo, nasce a Torino il 4 gennaio 1936......

"La debolezza del pensiero nei confronti del mondo, e dunque anche della società, è probabilmente solo un aspetto della impasse in cui il pensiero si è venuto a trovare alla fine della sua avventura metafisica. Ciò che conta adesso è ripensare il senso di quella avventura ed esplorare le vie per andare oltre: appunto, attraverso la negazione [...] dei tratti metafisici del pensiero, prima fra tutti la "forza" che esso ha sempre creduto di doversi attribuire in nome del suo accesso privilegiato all'essere come fondamento. "

08:08 Scritto in Date | Link permanente | Commenti (9)

Commenti

uhm, i filosofi sono sempre astrusi.... ma non potrebbero parlare più chiaramente? che gli costa?

Scritto da: ele | 04/01/2006

...mi gira la testa....cioè il pensiero sta sbattendo la testa contro se stesso??? Deve prendersi meno sul serio, non sentendosi caricato di tutta la responsabilità come solito fare?? Ok ok, forse 'sto pensiero deve rilassarsi un attimo, prendere dei ricostituenti, e poi, tutto bello pimpante, tornare a farci il c...!!!
Sì, forse anche il mio pensiero ha bisogno di una cura...FORTE!!!!

Scritto da: annasal | 04/01/2006

Buon giorno ragazze..... per quanto io abbia esaminato superficialmente il personaggio e la sua filosofia, direi che Vattimo vuol rimettere in discussione la posizione centrale, di supremazia, del pensiero, come facoltà umana superiore, più forte rispetto a qualsiasi altra (più forte rispetto all'agire ad esempio)..... e nello stesso tempo vuole anche sottolineare la relatività del pensiero, la sua temporaneità o il suo legame a specifiche comunità... relatività che è l'equivalente di debolezza.
La condanna, la critica, è per il pensiero "forte", quello che pretende l'universalità, l'eterna validità, che proclama la sua corrispondenza con la verità..;-)
I "Sapienti", come Lella e B-R (se c'è), sapranno correggere le eventuali inesattezze commesse e integrare la mia interpretazione...;-))

Scritto da: Enri | 04/01/2006

...beh...ma allora provochi, Enrico...A dire il vero, già questa mattina, alle 8,30, avevo visto il nuovo post su Vattimo, ma sono dovuta andare a scuola per incontrare i ragazzi che compongono il laboratorio teatrale, al fine di impostare il lavoro che sarà rappresentato al Teatro Sociale di Alba a fine maggio. Ed ormai una tradizione della nostra scuola elaborare un testo, comprensivo di musica e canzoni, e partecipare al festival del teatro dei ragazzi a fine anno scolastico. Siamo tre colleghi ad occuparcene e ci dividiamo equamente i compiti. Ma torniamo a Vattimo. Ho letto proprio ieri una sua intervista su La Stampa nella quale, a proposito del pensiero debole, diceva:" Il pensiero debole è una riduzione della perentorietà. Si definisce in opposizione al pensiero forte, di chi ritiene di enunciare principi fondamentali...Secondo me queste proposizioni forti sono socialmente pericolse...e in più non corrispondono all'attualità del pensiero...La filosofia del Novecento si basa sull'idea che la verità è questione di interpretazioni..." Ecc ecc. Premetto che a me Vattimo è epidermicamente simpatico, per questo suo essere un eterno Peter Pan, scanzonato, mentalmente dinoccolato, e, modo suo, trasgressivo...Sul valore del pensiero debole, o su quello che egli intende per pensiero debole, mi permetto di esprimere qualche perplessità. Vediamo di esaminare la questione:1) che il pensiero debole sia una riduzione di perentorietà può essere una forma del pensiero accettabile, se non scade,però, mediocremente, nel disimpegno del pensiero. Mi spiego: accetto di considerare trascurabili o di scarsa rilevanza le mie idee e non mi impegno, non dico per affermarle, ma neppure per richiedere che vengano esaminate con accuratezza.Questo, a mio parere, non va bene. Non perchè io debba per forza essere affezionato alle mie idee ma perchè, in questo modo, a poco a poco, si spegnerà la dialettica e, in presenza di elettroencefalogramma piatto di tutti coloro che potenzialmente pensano ma considerano trascurabile quello che pensano, prima o poi salirà alla ribalta qualcuno che si farà un baffo del pensiero debole e occuperà, con la sua perentorietà, lo spazio lasciato vuoto dalla perentorietà che il pensiero debole ha ritenuto di giudicare superata; 2) "...la filosofia del 900 si basa sull'idea che la verità è questione di interpretazioni...": posizione pericolosissima, a mio parere. Mi spiego: se ogni essere pensante, dal filosofo a chiunque di noi, fosse intellettualmente onesto in ogni momento della sua vita, potremmo fidarci delle interpretazioni personali che procedessero verso l'individuazione della verità ( ammesso e non affatto concesso che si possa parlare di VERITA'); ma è evidente che ciò non è dato, e allora si rischia la confusione totale e l'incapacità progressiva di distinguere la luce fra le tante penombre; 3) hai presente la condanna del relativismo fatta da papa Ratzinger? Chiaramente un conto è parlare di filosofia, in quanto esercizio del pensiero, e un altro conto è parlare di religione e,quindi, anche di dogmi e di pilastri della fede...ma il pericolo è sempre quello: perdere di vista quei quattro paletti fondamentali che tracciano il cammino di esseri umani sociali che non vivono solo per sè, ma anche per la comunità nella quale operano;4) i miei timori riguardano anche, come insegnante, le nuove generazioni: ti garantisco che gli adolescenti sono sempre più sconclusionati, sempre più annaspanti, sempre più preda del disagio. Hanno tutto, vengono loro concessi tutti gli accrediti possibili e viene loro lasciata ogni libertà di espressione e di comportamento. Ebbene, io ti garantisco che quando li sgrido, o li obbligo a fare un compito in classe in più, o li interrogo anche quando non sono preparati, perchè si era stabilito che quel giorno io dovessi interrogare, al di là del mugugno estemporaneo, mi sono grati perchè, in quel momento, nel mio piccolo, esercitò la perentorietà del mio pensiero forte e rifiuto l'interpretazione del fatto " interrogazione o no " per affermare la correttezza della mia verità ( E' GIUSTO CHE IO INTERROGHI). E' un esempio banale ma ti assicuro che i ragazzi hanno bisogno, per crescere, ANCHE di pensieri forti. E poi, tornando a Vattimo, a me sembra anche che si contraddica sul pensiero debole. Mi spiego: Vattimo è omosessuale dichiarato e ha fatto coming out in tempi molto più scomodi di questo. Prima del '68, credo. Per questo motivo, e per il coraggio che ha avuto, lo stimo e lo ammiro incondizionatamente. Ma dimmi se non è stata, questa, una formidabile dimostrazione di pensiero forte. Fortissimo, altro che pensiero debole...Adesso basta scrivere, perchè credo di aver annoiato abbastanza...Alla prossima, però...Ciao ciao

Scritto da: lella | 04/01/2006

Allora Lella:
non credo che ammettere la "debolezza" del pensiero debba corrispondere a una sua mancanza di approfondimento, ma solo ad accettarne la relatività, evitando così un eccessivo "attaccamento" ad esso, allontanando la presunzione di farlo assurgere (erroneamente e pericolosamente) a verità universale e imperitura.
non credo che imporre ai tuoi allievi l'interrogazione o il compito in classe sia la manifestazione di un pensiero (forte o debole che sia) ma solo all'esercizio di un'autorità che è propria del tuo compito.
non credo che dichiararsi omosessuale sia l'espressione di un pensiero forte, ma solo la dichiarazione di uno "stato" personale.... anzi questa dichiarazione potrebbe essere un modo per scalfire il pensiero forte che riprova e ritiene anormale l'omosessualità, trasformandolo (almeno potenzialmente) in pensiero debole o indebolito...;-)

Scritto da: Enrico | 04/01/2006

obbietto?..non obbietto?...in realtà potrei anche non obbiettare, poichè le tue obiezioni alle mie considerazioni sono pertinenti e condivisibili. Ma proprio in virtù di quanto asserisce Vattimo, e cioè in virtù del fatto che, secondo lui, non ci devono più essere verità, espressioni del pensiero forte, ormai obsoleto a suo dire, ma solo interpretazioni, allora obbietto e fornisco un'ulteriore interpretazione. Sulla tua prima considerazione non obbietto alcunchè, perchè,nel merito, siamo d'accordo. Io aggiungevo solo che, ogni tanto, bisogna ricordarsi di esprimere qualche convinzione, altrimenti finisce che diventiamo schiavi del pensiero più convinto di qualcun altro. Sulla tua seconda considerazione obbietto quanto segue: ogni azione è la conseguenza di un pensiero ( o, almeno, lo spero proprio): dunque, se e quando impongo qualcosa ai miei ragazzi, lo faccio dopo aver pensato e scelto a quale pensiero dare la priorità.Perciò, se scelgo di dare luogo ad un'azione decisa, la scelta operata è frutto di un pensiero deciso.Sulla tua terza considerazione obbietto in questo modo: è giusto quando dici"....questa dichiarazione potrebbe essere un modo per scalfire il pensiero forte che riprova e ritiene anormale l'omosessualità, trasformandolo in pensiero indebolito..." giustissimo.Ma, secondo te, è possibile scalfire un pensiero forte ( quello che riprova l'omosessualità) con un pensiero debole? Secondo me, per scalfire un pensiero forte, radicato e frutto di pregiudizio ci vuole un pensiero almeno altrettanto forte. Ma io direi MOLTO più forte. Ahhh...è proprio bello parlare con persone con del sale in zucca!! ciao Enrico.Al prossimo post. Però se ti do fastidio dimmelo,eh...io mi sono intrufolata di straforo e non vorrei essere invadente.

Scritto da: lella | 04/01/2006

Il pensiero forte si indebolisce mettendolo in dubbio o in discussione..... ma non è detto che si riesca a farlo... la semplice negazione, in assenza di una sufficientemente forte argomentazione contraria può non essere, come dici tu, sufficiente... o essere sufficiente a indebolirlo secondo il mio giudizio ma non secondo il tuo... ma anche questa possibile alternativa è indice di "relatività"...

Scritto da: Enrico | 04/01/2006

Vattimo mi sta simpatico perché ai
tempi dell'università mi diede un buon
voto (oltre a farmi un po' la corte).
Scherzi a parte, direi che il pensiero
(la filosofia), scadendo in ermeneutica
ha rivelato la sua debolezza e deve
lasciare il passo, quando si ricerchi
la Verità, a ciò che lo supera, cioè alla
meditazione,alla mistica ed infine
alla fede (sia chiaro, anche la teologia
è un pensiero filosofico).

cogito orgasmus habeo

Scritto da: b-rightful | 04/01/2006

Bah, non so... la filosofia è ricerca della verità, la fede credo sia invece accettazione di ciò che è comunicato, prescritto o rivelato dalla religione... è appunto un atto di fede, una manifestazione di fiducia verso ciò che non è frutto di un personale procedimento di acquisizione graduale che conduca a una possibile verità.
Francamente preferisco la filosofia, casomai usata come metodo per studiare, vagliare, la religione e la sua "attendibilità".... appunto in funzione interpretativa, ermeneutica, come dici tu...

Scritto da: Enrico | 04/01/2006

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