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24/01/2012

Meglio sfigati o sgrammaticati?

michel-martone.jpg

Questo l'interrogativo che mi pongo oggi, dopo aver letto poco fa dell'uscita pubblica del Viceministro del Lavoro Michel Martone, il quale afferma che «dobbiamo dire ai nostri giovani che se non sei ancora laureato a 28 anni sei uno sfigato».

Martone, allo scopo di inquadrare il personaggio per chi non lo avesse presente, viene descritto dal Corriere online come «giovane, preparatissimo, professore universitario ordinario a soli 29 anni, autore di numerosi libri ed articoli in materia di diritto del lavoro, ma che alla fine ha ottenuto da Monti solo le deleghe all'occupazione giovanile, le relazioni industriali e le politiche del lavoro» un giovane il cui peccato originale, sempre per lo stesso giornale, sarebbe costituito «dal padre Antonio, ex presidente dell'Authority scioperi, finito sui giornali per aver partecipato a un pranzo a casa di Denis Verdini in odor di P3».

Ora, sembrandomi doverosa una replica alla sua sopra citata estemporanea affermazione, voglio innanzitutto riportare quanto ha dichiarato in proposito Michele Orezzi, coordinatore nazionale dell'Unione degli universitari italiani, il quale così risponde: «Invitiamo il viceministro Martone ad informarsi sulla situazione del sistema università nel nostro Paese, prima rilasciare simili dichiarazioni. Se conoscesse la realtà studentesca, non si sognerebbe neanche di fare certe affermazioni».

Di mio, essendo fra coloro che rientrerebbero nell'ambito della non fortunata categoria  individuata dal Viceministro, aggiungo ancora che sarò pure uno sfigato, per questo e per altri motivi, ma che non gradisco che qualcuno me lo venga a rinfacciare o a ricordare, men che meno una persona che lo fa da una posizione da ritenersi privilegiata.

Peraltro il suddetto Martone era già divenuto, invece, oggetto di analisi e studio da parte mia, se è vero come è vero che già nel lontano 22 ottobre 2011, periodo non sospetto in cui regnava ancora indisturbato Silvio Berlusconi, in un mio «tweet» sul network MySpace scrivevo: c'è ancora qualcuno che dice mi auspico invece di mi auguro o auspico... persino illustri professori invitati a trasmissioni televisive come Omnibus su La7... l'errore grammaticale è molto democratico, non fa distinzione di ceto o casta.

E questo qualcuno oggi mi dà l'occasione e il motivo per ripescare quel mio vecchio appunto: lo dicevo io che non bisogna mai buttare via niente, neppure poche righe scritte di getto su un popolare social network. ;-)

14:20 Scritto in Attualità | Link permanente | Commenti (8)

Commenti

In effetti, " mi auspico" è una cosa mortale.
Da corso serale per analfabeti di ritorno.
Sento questo orrore anche da queste parti.
E sapessi quante volte ascolto dai colleghi "non MI oso", oppure "mangio pranzo", oppure "te" anzichè "tu".
Dai colleghi, non dagli alunni, bada bene!
Che cosa vuoi pretendere...
Per il resto,boh, che cosa vuoi che ti dica...chissà in quante altre cose sarà sfortunato il Martone. I grilli parlanti vengono spesso presi a martellate, e lui si sarà beccato e si beccherà le sue.

Ciao :-))

Scritto da: Lella | 24/01/2012

Ciao Lella, l'Espresso, che dovrebbe essere un giornale a te gradito, su Martone pubblica questo:

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/e-questo-e-il-giovane-al-governo/2172086

;-)

Scritto da: Enrico | 24/01/2012

L'unica cosa apprezzabile in cotanto genio è il fatto che consigli la lettura di Kavafis che, in effetti, è un signor poeta
:-)

Scritto da: Lella | 24/01/2012

Ho letto ora alcune sue poesie: insomma, quando l'autore è straniero qualche dubbio mi resta sulla bontà delle traduzioni e comunque, anche se queste fossero ottime, temo che abbandonando la lingua originaria si perda l'armonia del testo.

In ogni modo, ecco qui "Candele", che mi piace abbastanza ;-)

Stanno i giorni futuri innanzi a noi
come una fila di candele accese,
dorate, calde, e vivide.

Restano indietro i giorni del passato,
penosa riga di candele spente:
le più vicine danno fumo ancora,
fredde, disfatte, e storte.

Non le voglio vedere: m'accora il loro aspetto,
la memoria m'accora del loro antico lume.
E guardo avanti le candele accese.

Non mi voglio voltare, ch'io non scorga, in un brivido,
come s'allunga presto la tenebrosa riga,
come crescono presto le mie candele spente.

Scritto da: Enrico | 24/01/2012

Aggiungo, per dar sfogo alla mia vanità, una mia poesia che mi è venuta in mente leggendo Candele:

Sentiero

Lento e deciso lungo il solco del mio sentiero avanzo

verso il chiaror che laggiù fra la nebbia fine scorgo.

Rami protesi mi sfiorano come braccia o tentacoli spenti

mentre al mio passo il manto di foglie crepita e s’infrange:

sui loro lembi impressi sospiri e volti che non sono più.

;-)

Scritto da: Enrico | 24/01/2012

Bravi, ragazzi. Complimenti a entrambi ;-))

E senti questa:

Quanto piú puoi

Farla non puoi, la vita,
come vorresti? Almeno questo tenta
quanto piú puoi: non la svilire troppo
nell'assiduo contatto della gente,
nell'assiduo gestire e nelle ciance.

Non la svilire a furia di recarla
cosí sovente in giro, e con l'esporla
alla dissennatezza quotidiana
di commerci e rapporti,
sin che divenga una straniera uggiosa.

Monotonia

Segue a un giorno monotono un nuovo
giorno, monotono, immutabile. Accadranno
le stesse cose, accadranno di nuovo.
Tutti i momenti uguali vengono, se ne vanno.
Un mese passa e un altro mese accompagna.
Ciò che viene s'immagina senza calcoli strani:
è l'ieri, con la nota noia stagna.
E il domani non sembra più domani.




Brame

Corpi belli di morti, che vecchiezza non colse:
li chiusero, con lacrime, in mausolei preziosi,
con gelsomini ai piedi e al capo rose.
Tali sono le brame che trascorsero inadempiute,
senza voluttuose notti,
senza mattini luminosi.

Mura

Senza riguardo, senza pudore né pietà,
m'han fabbricato intorno erte, solide mura.

E ora mi dispero, inerte, qua.
Altro non penso: tutto mi rode questa dura sorte.

Avevo da fare tante cose là fuori.
Ma quando fabbricavano fui così assente!

Non ho sentito mai né voci né rumori.
M'hanno escluso dal mondo inavvertitamente.

Scritto da: Lella | 24/01/2012

Stavolta sono io a non poter dire cosa penso
del soggetto in questione. Già la parola sfigato
e chi la usa sono intollerabili, per me, avendo
sempre una estrema compassione per gli altri,
ma poi a dirla pubblicamente, per un motivo
simile, denuncia una totale assenza di sensibilità
e di consapevolezza/coscienza della realtà
sociale di cui si deve occupare. Un egopatico
snob, direi. Vabbè, alla fine l'ho detto, in
sintesi hahah!!! ciao

Scritto da: b-right | 25/01/2012

Approvo e sottoscrivo ogni tua parola.
Non potevi esprimerti meglio!!

Ciao ;-))

Scritto da: Enrico | 25/01/2012

I commenti sono chiusi.