Ok

By continuing your visit to this site, you accept the use of cookies. These ensure the smooth running of our services. Learn more.

24/10/2011

Pensionando.. pensionando..

donna_pensione.jpg

Non mi spiego la posizione attuale della Lega sulle pensioni... ma non era stato lo stesso Maroni, nella precedente legislatura berlusconiana, ad elevare l'età pensionabile con una riforma poi cancellata dal Governo Prodi?

Ora invece la Lega, e Bossi in particolare, fa resistenze a modificare lo status quo... e non vuole, a quanto capisco, riportare la situazione neppure a quella che lo stesso ministro leghista aveva fatto diventare legge.

Con ciò, sia chiaro, non intendo dichiararmi un sostenitore dell'innalzamento dell'età pensionabile: credo invece che a un certo punto della propria esistenza uno abbia il bisogno (uso bisogno appositamente al posto di diritto perché sono stufo dell'uso e abuso di questo termine) di fermarsi e di condurre una vita più tranquilla, silenziosa e libera, se non altro per prepararsi... al dopo.

E non è affatto detto che se l'economia ha certe esigenze, queste corrispondano, dal punto di vista umano, del buon senso umano, della fisiologia umana, alla soluzione migliore per chi ne è il destinatario, se non la vittima.

Vedrei più logico che l'anziano avesse una minore disponibilità finanziaria, sia pur godendo di agevolazioni di vario genere per ridurre al minimo i costi correnti della vita, piuttosto che obbligarlo a lavorare oltre i propri limiti fisici e psichici, conferendogli poi un trattamento pensionistico e di fine rapporto economicamente più elevato.

C'è bisogno che persone molto avanti con gli anni abbiano tanta disponibilità economica da permettersi auto di gran lusso, da decine di migliaia di euro, come tanti già ne vedo io? e non sto a Cervinia, ma in una zona collinare di un Comune alla periferia di Genova..

Mi chiedo: sono forse anche le pretese e le vanità dei vecchi a rendere più poveri e disperati i giovani?

15/10/2011

Tempi moderni

iphone.jpg

E' forse un segno della nemesi che simboli del capitalismo, della civiltà del prodotto frutto dell'impiego di grandi capitali in attività industriali anche sofisticatissime, emblemi quali le Banche o le Borse, insieme ad altri più banali come supermercati ed auto di lusso, siano oggi presi di mira proprio grazie al tremendo potere aggregante di sistemi di comunicazione nati dallo sviluppo tecnologico industrializzato e resi disponibili per la massa.

E' probabilmente presto per dire se il capitalismo morirà proprio per mano degli utilizzatori finali dei suoi migliori prodotti, ma le possibilità paiono non del tutto trascurabili:
la vis distruttiva, la voglia di distruggere, va oltre la capacità stessa di pensare qualcosa di sostitutivo, prescinde da una visione prospettica che offra, dopo, uno sbocco diverso e praticabile, che non sia il solo caos.

Un day after che sarebbe ancor più inconcepibile oggi, in un'epoca in cui quasi nessuno è in grado di vivere, se non usufruendo di quanto distribuito dalla società del consumo:
pensiamo solo per un attimo che l'energia elettrica manchi, così i combustibili, così i beni industriali offerti da supermercati o da esercizi commerciali di qualsiasi genere... cosa faremmo senza? quanti potrebbero autonomamente procurarsi anche il minimo che necessita per vivere?

L'antica civiltà contadina, grazie al suo legame con la terra, sia pure in povertà, era in grado di sopravvivere da sola, era autosufficiente, oltre che solidale al suo interno... ma noi no, noi siamo soltanto pollame di allevamento che, se la macchina automatica che ci sostenta si fermasse, saremmo destinati a soccombere e a finire disperati.

No, non possiamo più permetterci rivoluzioni... non ne abbiamo più la stoffa... moriremmo di fame con l'iPhone in mano.

07/10/2011

Inaccettabile

unacceptable.jpg

E' da un po' di tempo che è invalso, soprattutto nell'ambiente politico, l'uso dell'aggettivo «inaccettabile», come estrema espressione di critica da parte del soggetto che lo utilizza.

Indicare come inaccettabile un certo comportamento altrui rappresenta qualcosa di più intenso di una semplice aggettivazione negativa attinente all'oggetto del giudizio (come potrebbe essere deplorevole, criticabile, inqualificabile), perché implica il coinvolgimento personale di chi l'afferma.

L'inaccettabilita, secondo me, proprio per questa sua peculiarità di coinvolgere colui che la dichiara, prevederebbe anzi una fase in cui l'«inaccettante» compie un'attività volta a reagire in modo concreto contro ciò che reputa non ricevibile, cosa che, in pratica, non avviene mai.

Ma, se non abbiamo riscontri sul compimento dell'attività reattiva di cui ho appena scritto, resta fermo il significato di inaccettabile come espressione di un personale e profondo distacco.

Probabilmente, aggiungo, il fatto di preferire a un semplice giudizio negativo, per quanto forte, un altro che lo elevi a «questione personale», descrittivo della propria massima ripulsa, rientra fra «le mode» di oggi, e particolarmente in quella che si propone di enfatizzare le diversità, distinguere i buoni dai cattivi, e far probabilmente passare il messaggio:

io sono diverso, diverso e migliore di te.

Ecco, forse potrà sembrare un mio pallino quello di denunciare tutto ciò che significa per alcuni porsi al di sopra di altri, voler rimarcare la propria e «migliore diversità»... ma in un mondo in cui discriminazioni di razza, religione, genere e quant'altro, ufficialmente si combattono, quello di esaltare, anche attraverso l'uso di particolari espressioni verbali, le separazioni sul piano personale, mi pare sia un comportamento per nulla apprezzabile e condivisibile.