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17/05/2017

Il recinto

Trovandomi nella necessità di scrivere qualcosa per evitare la cancellazione di questo blog, è diventato non più rimandabile individuare un argomento da trattare, che risulti di interesse, mio in primis, ed eventualmente di altri.
Impresa niente affatto facile, essendo che elucubrazioni sul perché dell'esistenza del mondo (tema che tempo fa avevo pensato di affrontare), prima ancora di ogni collegata considerazione sull'intervento divino e sul ruolo umano, paiono lontane dal quotidiano, da ciò con cui tutti i giorni abbiamo a che fare, che monopolizza gran parte del nostro tempo e dei nostri pensieri, lasciandoci spesso sgomenti di fronte alla realtà.
Ci limitiamo perciò a un'unica considerazione, e cioè che il primo interrogativo, che sta alla base di tutto, è senza dubbio il seguente: perché il mondo esiste e non «esiste» il nulla?
Questo che riguarda il nulla, se ci pensate, è l'unico vero padre di tutti i misteri..
Ma andiamo oltre: si parla molto, in questi tempi, di sovranismo, di europeismo, di mondialismo, di ritorno alle tradizioni, viste come baluardi verso la modernità che relativizza, che confonde ogni cosa in un amalgama omogeneo e informe, ubbidiente alla nuova religione del politicamente corretto, che sprezzantemente bolla quale mostro ogni diversa visione, anche se dettata, il più delle volte, da un rigurgito di buon senso, piuttosto che da una consapevole volontà restauratrice di vecchi equilibri, regole o principi.
Si parla di questo, ma ormai, io credo, la maggioranza si è convertita, pressata da ogni mezzo di comunicazione e da governi ideologicizzati, animati, non so quanto senza ipocrisia, da intenti moralistici e pedagogici, a una visione del mondo, della vita, in cui i valori sono attenuati, diluiti in un brodo comune, e il relativismo ha vinto.. dove il pur circoscritto prevalere di un'idea particolare che si proponesse di sfuggire al relativismo, sarebbe ritenuto pericoloso e quindi bisognoso di urgenti e decise misure di contenimento.
Per chi ancora dissente invece, di fronte alla caduta, allo svilimento, di quel che era, insieme all'inaccettabilità dell'oggi e della visione mondialista, incentrata su (dis)valori equipollenti e deboli, resta il nulla, il barcamenarsi quotidiano, l'arrangiarsi cercando di respingere i vari attacchi che vengono da ogni dove, da chi gli organizza una vita insulsa, in qualche caso simbolicamente protetta e tutelata, ma incanalata, ingabbiata... come maiali in un recinto che sguazzano nel guano, mentre fuori i prati sono verdi e gli uccelli cantano, ma non per lui..

04/04/2017

Valore della vita e legittima difesa

Di fronte ai casi di violenze legate a furti e rapine, con ferimenti od uccisioni delle persone coinvolte, voglio esprimere adesso la mia opinione, soprattutto concentrando l'attenzione sulla valutazione del valore della vita.
Pertanto la domanda che subito mi pongo è questa: è giusto dare un peso equivalente alla vita di chi si trova nella parte dell'aggressore, quindi di colui che delinque, e a quella di chi subisce l'azione delinquenziale?
Perché una cosa va detta: il magistrato giudica l'eventuale reazione di chi è vittima del reato, sulla base delle norme della legittima difesa, ma nello stesso tempo non perdendo di vista il «principio morale» secondo cui il valore della vita umana è assoluto, indipendentemente dal soggetto a cui appartiene la vita stessa e dalle azioni più o meno dannose che mette in atto.
La mia opinione invece, che credo condivisa da altri, è che il valore della vita di chi compie azioni criminali venga automaticamente diminuito durante il compimento delle azioni stesse, ciò fino al punto estremo di azzerarsi del tutto o quasi.
Un valore attenuato che va recepito quindi nella valutazione della legittimità della difesa, la quale deve tener conto in primis dello stato d'animo di chi si trova a fronteggiare inaspettatamente un soggetto del quale non conosce la potenzialità offensiva anche se apparisse disarmato, e del privilegio inderogabile da tributare al bene della vita e dell'integrità fisica dell'aggredito e della sua famiglia rispetto agli stessi beni in capo a chi sta compiendo l'azione criminale.
Inoltre, quand'anche si riconoscesse la sussistenza di un'eccesso nella legittima difesa, il risarcimento economico al ladro/rapinatore o a chi per esso, in caso di decesso o gravi lesioni subite durante il compimento del reato, andrebbe pecuniariamente commisurato all'attenuazione del valore «bene vita» a cui facevo riferimento poc'anzi.
Altra cosa è la circostanza in cui chi è vittima del reato di furto o rapina spara al ladro alle spalle mentre sta scappando, anche se, pure in questo caso, va considerata l'attenuante dello stato d'animo alterato di chi ha subito l'azione criminale e, nel risarcimento dei danni all'aggressore o ai suoi familiari, il principio di attenuazione precedentemente espresso.

14:29 Scritto in Attualità | Link permanente | Commenti (6)

28/02/2017

Rispetto della morte e della vita

Si parla oggi della morte per suicidio assistito del dj Fabo, una ghiotta occasione in cui i dibattitori di professione si buttano a capofitto.
Io vorrei dire solo poche cose su questo tema:
La vita è di chi la possiede, di chi è titolare di quel corpo e di quella mente, ed è sua facoltà interromperla quando e come crede, questo se ha la possibilità di farlo in autonomia, senza chiedere l'intervento di altri e senza ad altri causare danno.
A chi, per malattia o per le lesioni gravissime e inabilitanti riportate, condizioni per le quali non esista possibilità di guarigione, rimedio o miglioramento, e che rendano obiettivamente dolorosissima e angustiante la prosecuzione della vita, deve essere concesso un aiuto a sottrarsi da questa condizione, quando ciò corrisponda a una decisione espressa lucidamente e inequivocabilmente in un momento immediatamente antecedente all'atto definitivo e irreversibile.
Chi, essendo nelle precedenti condizioni e in quella di malato terminale, si trovi adesso impossibilitato ad esprimere una volontà, escluso un inutile accanimento terapeutico, deve essere assicurato un passaggio oltre il meno doloroso e il più sereno possibile, ma pur sempre provvedendo a idratarlo e alimentarlo nelle forme consentite, senza condannarlo a un'orribile morte per disidratazione e inedia.
Quanto sopra vale anche per chi abbia precedentemente lasciato disposizioni diverse in forma scritta che prevedano anche l'esclusione di idratazione e alimentazione, in quanto ora non più in grado di manifestare un'eventualmente mutata e opposta intenzione.
Illecite e perseguibili penalmente le azioni volte a sopprimere una persona non più in condizione di esprimere una volontà attuale, tanto più se non possa a lui essere applicata la categoria di malato terminale, sempre per il motivo che tale volontà potrebbe essere mutata rispetto a uno scritto precedente e, a maggior ragione, rispetto a una dichiarazione verbale non certificata, priva di per sé di alcun valore.
La legge del buonsenso, della prudenza e del rispetto, per quanto non cogente, vale più di qualsiasi legge dell'ordinamento che se ne discosti: essere giusti è anzitutto un obbligo verso noi stessi, esso va oltre ciò che dalle norme ci è concesso o vietato.

09:43 Scritto in Attualità | Link permanente | Commenti (3)