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12/07/2010

La Preda

Lascia alquanto sgomenti l'ondata di delitti passionali che ha percorso l'Italia, un'ondata che risale a tempi lontani, seppure ultimamente abbia preso maggiore impulso.

Donne vittime di compagni, mariti, fidanzati abbandonati, i quali non hanno saputo trovare altro sbocco alla loro sconfitta che l'annientamento di colei che era stata al centro del loro interesse, un annientamento a cui aggiungere, spesso, il proprio.... quasi che la morte, l'aveva sostenuto infatti uno degli assassini, avesse il potere di unire nel suo grembo ultraterreno ciò che in terra non può più esserlo.

Ma perché accade tutto questo?

C'è sicuramente nell'uomo che uccide una gran debolezza, la debolezza di chi crede di non essere in grado di trovare e conquistare un'altra donna che possa degnamente prendere il posto di colei che va per la sua strada.. c'è l'angoscia dell'irripetibilità..

C'è sicuramente nell'uomo una gelosia lancinante che non gli fa accettare il pensiero che altri uomini possano toccare e amare la loro donna..

C'è talvolta anche un'incapacità di perdere, un'intollerabilità della sconfitta come forma mentale di chi è abituato a vincere, a vincere con armi che nel settore del sentimento si sono rivelate inutili.

Ma la donna? Lei che colpe ha, se le ha, di ciò che accade?

Io credo che la donna sia vittima soprattutto di una sopravvalutazione di se stessa, che creda di essere troppo brava, troppo bella, troppo capace, troppo importante, troppo protetta, tutelata, depositaria di diritti prevalenti... e ciò le fa male, le fa prendere delle decisioni che in effetti si scontrano con una visione obiettiva dei valori e delle poste in gioco... e anche, all'opposto di quanto accade all'uomo, fa alla donna non solo credere alla ripetibilità delle situazioni sentimentali positive trascorse, ma anche nella raggiugibilità, nella capacità di raggiungere, obiettivi migliori e più sentimentalmente gratificanti.

Una debolezza da una parte quindi, e un errore di presunzione, un errore di valore dall'altra, favorito anche da un'accentuata centralità della donna nel mondo mediatico e pubblicitario..

Tanto sangue per un'altra forzatura dei tempi moderni, in cui il senso della misura e della realtà è perso, come la fiducia di poter rimediare, di poter reagire, oppure di chinarsi, umili, alla forza del destino.

26/06/2010

Diversità

Premessa: prevenendo possibili rilievi, dico subito che potrebbe sembrare che questo post contraddica miei precedenti interventi, ma non me ne curo... il pensiero non è un'entità immobile...;-))



Forse nella ricerca di un principio comune, di un filo che leghi tutti gli esseri umani o il loro destino v'è un vizio d'origine..... non esiste alcun principio comune, e neppure esiste alcuna idea, alcun comportamento, alcun credo che possa aspirare a una indiscussa prevalenza e universalità.
Quello che invece esiste è una profonda diversità fra gli esseri viventi e proprio questo della diversità è, se mai, l'unico principio condiviso.
Ma la diversità comporta dei conflitti, il conflitto anzi è inscindibilmente legato alla diversità, e per questa ragione non può essere soppresso o aprioristicamente condannato.
Peraltro, se un pericolo grave c'è nella conflittualità, esso non va cercato tanto nella quotidiana e minuta microconflittualità che si sprigiona fra un numero ristretto di soggetti per circoscritte questioni di carattere personale, quanto nello scontro che contrappone gruppi più estesi.
E sta proprio nelle aggregazioni il grande rischio, siano esse originate da motivi ideologici, etnici, territoriali, o religiosi... l'aggregazione genera la forza del gruppo... sono il numero e/o l'ossessiva credenza di essere parte di una moltitudine depositaria di un principio superiore che generano le condizioni per un conflitto di proporzioni distruttive con un gruppo che per analoghi ma contrastanti motivi si oppone.
Quindi, se nel cadere di ideologie, religioni, miti da seguire, propagare, imporre, ci ha toccato la triste disillusione che nessuna verità è prevalente e che nessun principio «universale» esiste al quale tutti aderire, lieti di aver scoperto, finalmente, l'unica e comune verità, ci deve consolare il fatto di poterci liberare da ogni sforzo di ricerca di ciò che non c'è e non ci può essere.
Siamo solo una moltitudine di diversi, una somma meramente numerica di singolarità, che si devono limitare, per non farsi troppo male, ad occuparsi delle loro piccole cose, ad essere attori obbligati di piccole beghe private.

09/06/2010

Errori

Mi duole questa volta dissociarmi dalle parole del Premier.... e lo faccio a malincuore riferendomi in particolare alle sue recenti affermazioni circa le indagini promosse contro la Commissione Grandi Rischi dalla Magistratura de L'Aquila.
Posso capire che Egli possa esprimere, anzi confermare, il proprio appoggio ai vertici della Protezione civile, ma dissento dal suo invito rivolto alla Protezione stessa a non operare più in quella città e sulla circostanza che l'appoggio manifestato sia incondizianato, a prescindere dell'emersione di reali responsabilità.
Responsabilità appunto, sulla cui assenza invece personalmente non sarei pronto a scommettere, perché una cosa è dire che i terremoti distruttivi sono imprevedibili, un'altra è dire che un tale evento, in un territorio già soggetto a frequenti e ripetuti fenomeni sismici di minore entità, sia improbabile.
Quel che io dico è che la valutazione di improbabilità (se v'è stata) costituisce lei stessa la manifestazione di una previsione... particolarmente della previsione che le possibilità che un tale evento accada realmente sia scarsa, ampiamente minoritaria rispetto all'ipotesi contraria... e ciò può indurre gli abitanti della zona ad assumere un comportamento meno prudente, meno incline a cautelarsi.
Peraltro, se la memoria non mi inganna, un ricercatore «fuori dal coro» aveva, ai tempi, lanciato ripetuti allarmi.... ma noi sappiamo come le voci ufficiali siano solerti nello smentire chi si dissocia..

;-)